Quando nell’autunno 2020 il gruppo di ricercatori coordinati da Massimo Ilardi mi ha comunicato che avrebbe voluto fondare una nuova rivista, mi è sembrato naturale offrire la casa di archphoto per unire le idee e i pensieri anziché costituire un ennesimo frammentato soggetto digitale.
Naturale perché archphoto, dalla sua fondazione nel 2002, ha maturato una mutazione genetica. All’inizio è nata come una webzine che esercitava il pensiero critico sulle architetture, con uno sguardo transdisciplinare coinvolgendo la fotografia, il cinema, la sociologia urbana e l’arte. A partire dal 2008, coincidente con la costruzione di una nuova architettura informatica della webzine, i temi della città e del territorio sono divenuti sempre più centrali nella politica editoriale ponendo archphoto come una piattaforma alternativa al mainstream della cultura storiografica e critica. Attitudine che si è sviluppata ulteriormente nel 2012 con la nuova veste grafica della webzine ideata da Artiva Design. In questi ultimi nove anni il posizionamento critico della webzine si è ulteriormente concentrato sulle trasformazioni urbane, criticando la sudditanza della politica nei confronti del mercato, in cui assistiamo a un degrado della classe dirigente che non ha la capacità di imprimere una visione politica, delegando al ruolo di pianificatore, decisore e urbanista, direttamente l’investitore finanziario, espressione del mercato.
Questo spostamento di archphoto ha coinciso con il cambiamento delle mie ricerche verso l’architettura radicale e le espressioni artistiche ad essa connesse come la Land-Art, fino alle indagini su architetti fuori dalla storiografia ufficiale, proponendo una idea di architettura pubblica in conflitto con il linguaggio dell’architettura, sia contro una certa idea del politicamente corretto, di cui la stessa architettura è intrisa.
Così accogliere all’interno di archphoto il magazine Asfalto, nato dal confronto tra alcuni membri della nostra rivista (Alessandro Lanzetta, Antonio Lavarello, Fabrizio Violante) e il gruppo composto da Massimo Ilardi, Massimo Canevacci, Roberto De Angelis, Emiliano Ilardi, Katia Ippaso e Fabio Tarzia, rappresenta una importante occasione di scambio reciproco per la diffusione di una cultura non assoggettata al sistema dominante e che sappia elaborare un pensiero critico e alternativo al politicamente corretto. Uno scambio che avviene anche con la partecipazione di alcuni componenti di archphoto nella redazione del nuovo magazine, concepito come una sorta di supplemento digitale di approfondimento. “Un punto di vista forte- scrive Massimo Ilardi- in grado di combattere sia l’universalismo del ‘politicamente corretto’ che tutto confonde fino a portare il soggetto, ogni soggetto, all’impotenza e infine a dissolversi come idea; e sia quello ancora più pericoloso che produce valori assoluti, con i suoi universali etici e imperativi morali, indifferenziati e generici…”.
Uscire dalla genericità dei comportamenti per tracciare un palinsesto di voci dissonanti contro l’assenza di una progettualità politica che metta al centro il cittadino, i suoi desideri e le sue istanze evitando quel profumo populista che circonda i territori e i suoi abitanti.
La scelta della parola asfalto evoca la strada che connette il tessuto urbano e consente al nostro gruppo di operare dentro le città e restituirne i conflitti, attraverso la pubblicazione di numeri tematici. Asfalto ha una sua radicalità nel modo in cui si pone nei confronti del vuoto politico nella gestione delle trasformazioni urbane sempre più orientate dal mercato. In questo modo allo sguardo socio-antropologico si affianca quello architettonico e transmediale, necessari alla comprensione e al contrasto dei processi in atto.
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