Scrive Robert Musil, in un esemplare e straordinario libretto dal titolo Sulla stupidità: “La stupidità autentica è un po’ dura di comprendonio, come si dice. E’ povera di idee e parole, nonché maldestra nell’usarne. Preferisce le cose comuni, che continuamente ripetute le se imprime bene in testa. Se afferra qualcosa, non se la fa scappare. Non analizza né sottilizza […] non è una malattia mentale ma una malattia dello spirito.”

Ora se applicassimo queste brevi frasi ai comportamenti di Beppe Grillo e Andrea Agnelli ci accorgeremmo quanto siano calzanti! Nessuno vuole mettere in dubbio la loro intelligenza ma esaminare il loro livello di stupidità. E per quello che abbiamo visto e sentito, il livello sembra essere abbastanza alto. Il contrario della stupidità non è infatti l’intelligenza ma l’accortezza, l’intuito e la capacità di capire in quale contesto si sta parlando e operando per fare in modo di adeguare parole e azioni e soprattutto di prevedere a quali conseguenze si va incontro. Se non lo si fa, si diventa presuntosi e arroganti e di conseguenza stupidi. Ma qualcuno potrebbe ribattere che né Grillo né Agnelli sono dei politici di professione e dunque sprovvisti di quelle attitudini alla prudenza e alla previsione che fanno della politica non solo una professione ma un’arte. Uno infatti ha parlato da padre affranto di fronte all’accusa di stupro nei confronti del figlio e l’altro ha agito da presidente disperato per risolvere i debiti accumulati dalla sua squadra. Sono d’accordo, ma allora sarebbe ora che facessero pace con i loro cervelli! Perché uno ha la pretesa, da una parte, di essere la guida e il garante di un movimento politico con milioni di aderenti e militanti, e, dall’altra, di comportarsi sui social come un tronista di Maria De Filippi urlando e agitandosi da comico consumato e mettendo in seria difficoltà non solo il movimento, non solo il suo passato giustizialista, ma lo stesso figlio che con un difensore così ha sicuramente aumentato il numero dei suoi accusatori; l’altro, pur non facendo politica, è però il presidente di una squadra di calcio che conta più tifosi in questo paese di tutte le altre squadre messe insieme e di conseguenza gli sono richieste grandi capacità di mediazione e di governo, e invece sembra non conoscere neppure i sentimenti di un qualsiasi tifoso di cui il più importante è la irriducibilità della sua passione a trasformarsi in merce come vorrebbe invece il suo presidente che si è infilato così e incautamente in un progetto immediatamente fallito proprio per quella stessa irriducibilità. Insomma entrambi hanno ottenuto esattamente il contrario di quello che volevano. Come chiamarli, direbbe Musil, se non stupidi?